venerdì 3 febbraio 2012

...fa male al ricco e al cardinale, diventan tristi se noi piangiam!

(segue…) Giusto continuare a denunciare le storture ed i malfunzionamenti del sistema o meglio arrendersi all'evidenza dei fatti che "non viviamo nel paradiso terreste" (cit. mi’ babbo...)? Il dilemma ricorda quella classica polemica ottocentesca anti-liberale e anti-individualista richiamata da Gustavo Zagrebelsky nel saggio "Stato e Chiesa": Zagrebelsky ricorda le parole di Zosima ne "I Fratelli Karamazov" di Dostoevskij: "tu hai dei bisogni, e dunque soddisfali pure, giacchè hai gli stessi diritti che hanno gli uomini più potenti e più ricchi. Non temere di soddisfarli, anzi moltiplicali." Ad essere evidenziata qua è quella connessione diabolica fra libertà da un lato e pretesa di benessere individuale dall’altro: un paradigma distruttivo se consideriamo l’effetto reciprocamente moltiplicatore che connette tali libertà e tali pretese. Conseguentemente, una società che basi la propria legittimità sulla pura esaltazione della libertà individuale, sarà naturalmente portata non tanto alla sua Entstehung (formazione), bensí alla sua Auflösung (dissoluzione). Lo stesso costituzionalista tedesco Böckenförde si riferisce allo stato liberale secolarizzato come ad una società che “vive di presupposti che non é in grado di garantire”, proprio a causa di queste forze centrifughe non sufficientemente controbilanciate da un una forza ‘morale’ aggregante. Analogamente, sempre maggiore democrazia (richiesa naturalmente incoraggiata proprio dal raggiungimento di livelli accettabili di democrazia) porterebbe inevitabilmente al collasso del sistema, sempre secondo la sopracitata Finger.

Il paradigma è audace, ma non fotografa ciò che la democrazia realmente è, ovvero un continuo bilanciamento fra liberté e...égalité. Lungi dall’essere richieste distruttive, le rimostranze democratiche vanno iscritte nel quadro di questa continua dicotomia, interessando, in epoche storiche diverse, l’una o l’altra componente. Dopo un secolo che ha sancito la vittoria (prima bellica, poi economica) delle democrazie sui sistemi totalitari/autoritari in Europa, la sfida del nuovo millennio (a patto che i Maya ce ne lascino il tempo) è quella di lavorare sulle qualità democratiche. Resistere, resistere, resistere su quell'immaginaria linea del Piave che segna il confine fra una democrazia reale e sistemi "carta velina", pseudo-democratici, bravi ad associare procedure liberali ad opache qualitá. Per dirla con Collier&Levitsky, "democrazie con aggettivi": delegativa, populista, enclavista....letteratura a riguardo non ne manca. Della serie: più che "calmarci", il monito dovrebbe essere "occhio, qua ci fregano!"
I tempi gloriosi delle lotte per la concessione del suffragio universale sono ormai alle spalle, consegnati alla storia e, soprattutto, alla epopea della storiografia ufficiale. Ammesso e non concesso che non ci siano più battaglie tanto epocali da affrontare, episodi come la recente gestione della crisi finanziaria devono spingerci a riflettere. Se poi anche uno come Jürgen Habermas arriva a parlare di post-democrazia, forse qualcosina da migliorare rimane ancora...