martedì 31 gennaio 2012

...che il nostro piangere fa male al re!

"Calmatevi!" L'appello, rivolto indistintamente a tutti, arriva direttamente dal Die Zeit, autorevole settimanale tedesco (http://www.zeit.de/2012/04/01-Demokratie). Giornale noto sia per le sue posizioni conservative, sia per la penna di uno dei più apprezzati italo - tedeschi d’oltre Alpe, il caporedattore Giovanni Di Lorenzo. A finire nel mirino della giornalista Evelyn Finger, autrice dell’articolo in questione, tutti coloro che alimentano “l’infinito chiacchiericcio circa la fine del mondo.” Leggasi, la fine della democrazia.
Il messaggio è chiaro: parlare troppo di problemi democratici nelle società occidentali non fa affatto bene alla democrazia stessa. Al contrario: rischia di rovinare il nostro sistema con una sovra-stimolazione di richieste che risulta essere, alla fine dei giochi, nociva. Si badi bene: l’idea non è particolarmente originale, tanto che lo stesso S.P. Huntington scriveva: “democracy requires some measure of apathy and non-involvement on the part of some individuals and groups.”

Die Zeit parla quindi di problemi della democrazia, ma si smarca totalmente dal dibattito attuale. Niente questioni di democraticità del sistema Europa, nessun dubbio circa lo strapotere dei mercati finanziari e delle agenzie di rating, ultimo segreto di Pulcinella svelato dall’ultima crisi in ordine di tempo. Niente di tutto ciò: il settimanale se la prende con coloro che questi difetti li denuncia, interrogandosi sull’effettiva democraticità della nostra democrazia. Dal momento che “più del 90% dei tedeschi sono dell'idea che la democrazia rappresenti la migliore opzione”, ecco che si deduce che la stessa goda di buona salute. A differenza del progetto-Europa, sempre secondo la sopraccitata Finger, il parlamentarismo occidentale non corre certo alcun pericolo. Di più: l’unico pericolo risiede proprio nel denunciarne i problemi.

L'idea è di facile presa: di fronte a dati cosi inoppugnabili e di fronte allo strapotere dell'ideologia ufficiale dell'occidente (Fukuyama lo celebrò come “fine della storia”) non si può che essere tentati di cedere a tale suadente convinzione. Ma allora come spiegarsi il motivo per il quale, nel momento di massima espansione di sistemi liberali o pseudo tali a livello globale, la democrazia vive un momento di tale difficoltà a livello di legittimità e fiducia nelle istituzioni? E il tutto nella ‘casa madre’, proprio in quella Europa culla della Rivoluzione francese, del protestantesimo eccetera eccetera. Ironico, no?
Purtroppo la sensazione é che la crisi di credibilità democratica non possa essere liquidata frettolosamente come "Angstlust", interessante termine tedesco per definire la morbosa tendenza a coltivare paure ataviche. (continua…)

mercoledì 25 gennaio 2012

Martin Schulz, un "kapo" per la democrazia?

Sono molti quelli che hanno sogghignato, al di qua e al di là delle Alpi, dopo il voto della scorsa settimana: poco tempo dopo la caduta del Silvio ipernazionale, il Parlamento Europeo ha scelto il proprio nuovo leader, eleggendo proprio quel Martin Schulz reso celebre (quantomeno a Roma e dintorni) dall'ormai leggendario "Kapo" sputato a Strasburgo da Berlusconi. Come a dire: oltre al danno (l'UE che pretende dall'Italia un leader più presentabile per superare la crisi), ecco la beffa.

Aspetti folkloristici a parte, in Germania é gran fermento da settimane intorno alla nomina di Martin Schulz. Non solo perché un parlamentare tedesco ritorna sullo scranno più importante dell´istituzione dopo Hans-Gert Pöttering - e in un momento storico di nazionalismo rampante tra Francoforte e Berlino anche questo non é fattore di secondo piano). Molto di più perché quasi tutta la carta stampata teutonica celebra quel salto di qualità che, in effetti, il passaggio di consegne sembra garantire. Molti (e Martin Schulz in prima fila) hanno sottolineato che il nuovo Presidente tutto ha, fuorché una personalità incline a vestire i meri panni di "gran cerimoniere". Dopo anni di Jerzy Buzek, con tutto il bene per il pacato ex presidente polacco, il salto di qualità é innegabile. Anche se lo stesso Buzek, in una recente intervista al Die Welt, ha rivendicato, con un sussulto d'amor proprio, i suoi meriti ed il fatto che "prima del suo incarico, non era consuetudine che un Presidente del Parlamento Europeo partecipasse anche alle sedute informali del Consiglio" (http://www.welt.de/print/die_welt/politik/article13817105/Das-Glueck-der-Tuechtigen.html) . Come a dire: bravo Schulz, ma qualcosina riconoscetela anche a me!

Il buon Martino (sicuramente uno dei parlamentari europei più attivi nella sfera pubblica tedesca, e anche questo avrà il suo peso in tempo di crisi di fiducia nelle istituzioni nelle valli del Reno) da tempo ribadisce la necessità di migliorare la responsiveness democratica dell´Unione e richiede a gran voce maggiori poteri per il Parlamento. Non gli é sicuramente sfuggita la misura in cui questo sia stato praticamente ignorato nella gestione della crisi, essendo solo ultimamente ammesso, in qualità di osservatore, al tavolo delle trattative per il patto fiscale. Il suo cavallo di battaglia sembra essere la contrapposizione con il Consiglio: il che, tradotto nel linguaggio delle buone intenzioni, significa un primo passo verso l'obiettivo di procedere verso un'Europa più democratica, lasciandosi alle spalle quel vecchio continente dominato dai particolarismi nazionali. Tanto più che, ai fatti, questa strada ha portato ad un modello di Europa post-democratica, giusto per rubare una definizione coniata da Jürgen Habermas nel suo ultimo pamphlet (http://www.perlentaucher.de/buch/37303.html) , riferendosi al peso schiacciante che gli incontri bilaterali Merkel-Sarkozy hanno avuto nella gestione della crisi. Mire ambiziose senza dubbio, secondo alcuni pure troppo, Financial Times Deutschland in primis, in omaggio al proprio sangue britannico... Sicuramente l'elezione, pur confermando la consuetudine ormai consolidata dell'alternanza fra i due principali partiti politici del Parlamento (S&D e EPP), ha portato effettivamente una delle poche personalità in grado di donare spessore ad un Parlamento fin troppo depauperato. In tempo di crisi a 360 gradi (economica, finanziaria, di legittimità...), anche questo può essere importante.